sabato 22 dicembre 2012

DECALOGO saltuariamente ragionato DELL'ESPLORATRICE:



   I. L'esplorazione, più che hobby o lavoro, è un modo di vivere;

  II. La curiosità è un'arma a doppio taglio, impara a farne buon uso; 

 III. Non evitare i personaggi stronzi, loro forse non lo sanno ma 
      potenziano le tue abilità; 

 IV. I vizi sono una buona strada per avvicinarsi agli altri e le virtù che pensavi   
      di non possedere per niente possono germogliare dal suolo più difficile; 

  V. A volte l'esplorazione è una para, trova un finale alla para e passa a nuova   
      esplorazione; 

VI. Il tempo, ahimé, è un bene prezioso: se fumi il tabacco, rollati le sizze la   
      sera prima, fra una puntata di qualcosa o il programma con qualcuno; 

VII. Impara a conoscere i tuoi interlocutori indipendentemente dall'ottimismo   
       di base che speri ti possa guidare sempre in strabilianti scoperte:  
       approfondisci e pensa al gioco degli scacchi; 

VIII. Mangia, anche Tarzan fa colazione prima di prendere l'elefante delle 8.00; 

 IX. Il cambio di prospettiva è importante almeno quanto quello delle mutande; 

  X. Non avrei mai pensato di arrivare alla fine del decalogo,
      non mi resta che augurare buon viaggio e/o buona pausa caffè. 

Foto di Francesco Capponi.

giovedì 13 dicembre 2012

La stanza privata dell'arte by Roberto Milani: S E T a Desio... da una idea di Sara Alessandrello...

La stanza privata dell'arte by Roberto Milani: S E T a Desio... da una idea di Sara Alessandrello...: Una bella iniziativa a Desio, voluta da Sara Alessandrello e sostenuta dal Dr. Lemme, per valorizzare arte e cultura... e ci sono anche Davide Genna, Filippo Borella e tanti altri...da non perdere!

LA ISLA GRANDE

Cominciamo con i numeri:
8 - gli anni di attesa, anni in cui ci si ripeteva:Magari, l’anno prossimo…” ;
6 - del mese di agosto 2012, la partenza;
25 circa - le ore di volo totali;
18 – i giorni di permanenza;
3180 - i km percorsi in auto.


Aeroporto Jose Marti, ore 11 di sera, caldo umido e gambe pesanti. Non vediamo né capiamo nulla, non ci rendiamo conto di essere arrivati.
Ci accoglie Maria, ci conduce a casa. Dobbiamo dormire. Il risveglio ancora più traumatico: siamo all’Havana ma mentalmente ancora a Milano.
Plaza de la Catedral


Habana Vieja, Malecon, Plaza de la Catedral, Faro del Morro, i murales di Che Guevara e della Revolucion, la Bodeguita del Medio, la eco dei racconti di Hemingway…
A piedi o in auto, occhi al cielo, abbigliamento leggero e macchina fotografica. Non serve altro.
Malecon


Baia dei Porci
Si riparte, destinazione zona più umida della Isla Grande: Ciénaga de Zapata, Playa Larga. 
Riserva naturale, rifugio di rare specie di uccelli e culla faunistica ricca e diversificata.
 

Difficile ambientarsi, il caldo ci opprime ma l’avventura all’interno del parco naturale è magica.
Baia dei Porci: spiaggia deserta, ancora ben visibili resti di trincee e relitti di navi americane. L’atmosfera è surreale.

Riserva naturale



Si riparte. Tappa a Cienfuegos, “Perla del Sur” e patrimonio dell’Unesco. Abbiamo solo il tempo di un panino e una Bucanero: il viaggio è ancora lungo.

Trinidad
Eccoci a Trinidad: al tramonto la città è un tripudio di colori e l’atmosfera è da brivido lungo la schiena. La nostra casa è accogliente, in perfetto stile coloniale, i padroni di casa deliziosi. Trinidad è tradizione, musica in piazza, visi che ti scrutano dalle inferriate, mojitos, odore acre di fieno e letame, vicoli ciottolati.
 

Vorremmo rimanere qualche altro giorno ma decidiamo di montare in macchina di primo mattino. Il desiderio di visitare quanti più luoghi possiamo è forte…
Piazza di Las Tunas
Tardo pomeriggio arrivo a Las Tunas: regione meridionale poco turistica. Anche qui i colori della piazza principale e delle case particulares coloniali ci lasciano a bocca aperta. Trascorriamo i giorni forse più divertenti: ci innamoriamo della cittadina e dei nuovi amici e soprattutto godiamo della compagnia di un gruppo di eccellenti artisti che suona tutte le sere per noi!

monumento a Che Guevara




E’ arrivato il momento di risalire l’isola. Dopo un paio d’ore di viaggio ci fermiamo a Santa Clara: l’immensa piazza è sovrastata dalla statua di Che Guevara. C’è silenzio e raccoglimento: chiudendo gli occhi quasi si odono le grida dei guerriglieri i cui visi e le gesta sono scolpiti sulla pietra.
 









Percorriamo altri 200 km e arriviamo a Varadero: qui la vera Cuba si perde tra resort di lusso e discoteche alla moda ma riusciamo a goderci gli ultimi 4 giorni di puro relax: spiaggia, mare, sole.
L’avventura volge al termine. Torniamo a Milano…
Tutt’oggi ci poniamo una domanda: quando ritorneremo?!


Anna V





giovedì 22 novembre 2012

Vallée d'Aoste: cavalerie de Challant Vol. 2

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Il giorno dopo, la sveglia suona presto e mi precipito a fare colazione: in programma c'è un giro ad Aosta centro.
La Piazza Émile Chanoux è situata nella zona centrale della città, da questa dipartono via Jean-Baptiste de Tilliere e via Porta Prætoria: il percorso è bellissimo, l'atmosfera è da antico borgo, con vicolini stretti adiacenti, negozietti tipici e moderni.

Dopo qualche acquisto di prodotti locali, riprendo l'itinerario medioevale: visita all'ultimo castello nella cittadina di Fenis.

Diversamente dagli altri castelli costruiti per scopi bellici e di difesa, non è situato sulla sommità di un promontorio, bensì su un lieve poggio.
La sua funzione, infatti, in contrasto con l‘apparato difensivo, è stata unicamente quella di sede prestigiosa della famiglia Challant.
Il castello ha pianta pentagonale con doppia cinta muraria; gli angoli sono muniti di torrette circolari, con funzione di vedetta, infatti presentano feritoie per archi e balestre.

Curiosi i piccoli volti demoniaci scolpiti nei vari angoli dell'apparato, utili a respingere spiriti o presenze indesiderate.
Nell'atrio principale viene raffigurato San Giorgio, santo protettore degli ordini cavallereschi e quindi simbolo di potenza e giustizia, ai lati troviamo uno stanzino di guardia e uno dedicato alla riscossione tributaria dei contadini del feudo.
I piani sono tre, come a Verres, i locali molto simili, sola esclusiva è una grande cappella interna, con la Crocifissione dietro l'altare e un dipinto della Madonna di Misericordia che accoglie sotto il manto diversi membri della famiglia Challant; ai lati di questa raffigurazione sono rappresentati gli apostoli e vari santi a figura intera (tutti rigorosamente del 1400).

Finito il tour interno mi viene concesso un ultimo giro in solitudine lungo le mura esterne del castello, alla vista di merlature e merletti, non resisto e scatto qualche foto per rallegrare il mio spirito "nerd medioevale".



Il viaggio è ormai arrivato alla sua conclusione, mi avvicino alla macchina felice e pienamente soddisfatto pronto per tornare a casa, mi guardo attorno; verde, azzurro, là nel cielo, là nelle valli, nei boschi in lontananza, tale il senso della natura e del divino, ancora un'ultima ricerca di vedute che appagano e che già lasciano un senso di nostalgia di quella magnifica atmosfera della Valle d’Aosta.
Post di Davide Riva.

giovedì 8 novembre 2012

Vallée d'Aoste: cavalerie de Challant Vol.1

Le montagne variopinte di colori autunnali che scendono a picco lungo i cigli dell’autostrada, i primi forti di pietra sulle alture, l’aria che diventa più fresca e raffinata, un paesaggio dove la natura afferma ancora il suo dominio territoriale: questo è il semplice e intenso dipinto che mi introduce in Valle d’Aosta.
      La mia visita, di due giorni, ha il semplice scopo di percorrere la linea storica medioevale del paese, ma il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il Monte Bianco, il Monte Rosa, insomma, tutta la magnificenza della catena delle Alpi Graie, appare prepotentemente davanti i miei occhi, segnalandomi un altro splendido senso di esplorazione della zona.


Appena varcati i confini regionali appare il Forte di Bard, la mia prima “epica conquista”: un suggestivo complesso fortificato sulla rocca che sovrasta la cittadina, attraversata a sua volta dall’impetuoso e freddo fiume Dora Baltea.
La Fortezza prende il nome dall'omonimo comune, i primi costruttori furono i Signori di Bard
(XI secolo, nel pieno Medioevo), eredi di una antichissima famiglia comitale della Lorena: la struttura era importante dal punto di vista strategico perchè garantiva il controllo dell'intera valle, all'epoca unica via di passaggio.
Successivamente (durante il XIII secolo), passerà in mano alla Contea di Savoia, trasformata nel XV secolo in Ducato, area presidiata dalla famiglia feudataria del Regno di Borgogna.
          Fino al XIX secolo fu in possesso della nobile dinastia e quindi protagonista di molte vicende e conflitti nelle diverse epoche, per poi essere acquisito nel 1990 dal patrimonio regionale. L'omonima casata instaurò, nell'odierno territorio, la Contea di Aosta, la quale fu controllata dai fedeli visconti Challant, costruttori dei maggiori castelli presenti nel dipartimento e protagonisti del mio itinerario.

Dopo la prima tappa, avanzo verso il castello di Verres; cinta fortificata con ponte levatoio mi accolgono all'entrata della costruzione e, varcato il portone di ingresso, ideato con chiodi resistenti ad attacchi con arieti, arrivo in un androne difeso da una caditoia installata a soffitto.
        Entro nell'atrio principale; in mezzo è posto un pozzo per raccogliere la pioggia, la pavimentazione si inclina di livello fino al centro dell'area per raccogliere tutta l'acqua all'interno della cisterna.
         Intorno alle mura appare una lunga scalinata che percorre tutta l'altezza dell'edificio, il senso di salita è di tipo orario e gli scalini di grande spessore. Secondo le parole della guida, si tatta di un ingegnoso metodo per rendere faticosa l'ascesa del nemico: il verso di percorrenza impone allo scudo (sempre impugnato con la mano sinistra) di chiudersi verso il muro, i passi molto lunghi da compiere erano difficoltosi dato il peso imposto dall'armatura.
         Il primo piano apparteneva ai cavalieri, nel secondo alloggiava Ibleto di Challant con consorte, mentre nell'ultimo i sudditi al servizio dei regnanti.
Le porte delle stanze presentano tutte uno scalino in discesa molto grande, sempre per incentivare la caduta del possibile invasore, i battenti chiodati e di grande profondità impedivano immediati abbattimenti.
        Il sistema di riscaldamento nella maggior parte dei castelli, è il medesimo: i locali dei signori presentano camini propri, mentre la cucina, costruita sempre in mezzo al pian terreno, riscalda attraverso un grande forno un vano che percorre in altezza tutto il castello, fornendo su tutti i piani una mite temperatura. Uscito da Verres, entro nella cittadina di Issogne, nonché nome del maniero della famiglia Challant.
        A differenza della visita precedente, mi trovo all'interno di una dimora signorile: le costruzioni difensive lasciano il posto ad un curato cortile con sculture e affreschi autentici del 1300, raffiguranti la vita di corte.
        Curiosi alcuni graffiti scolpiti sulle mura, dediche lasciate dagli ospiti del tempo, alcuni elogi per i padroni di casa, altre di corteggiamento verso le donne della contea (grandi marpioni). Qui l'atmosfera è più casalinga,i proprietari alloggiavano in stanze più comode e signorili, all'interno di ognuna c'é un piccolo ambiente dedicato al culto di santi.
        Importante la camera della Giustizia, dove si amministrava la vita della contea: sulle pareti sono raffigurati vari paesaggi nel mondo, animati da scene di vita contadina e cortese che evidenziano la vena cosmopolita della famiglia Challant.

La visita volge verso la conclusione e letti, cucine, affreschi di salumi e carni appese ad essiccare, mi fanno riflettere sul fatto che devo trovare un alloggio e cibarmi, il sole sta per calare.
        Percorro la strada che mi porta verso il capoluogo e il tramonto che appare lungo il tragitto è indescrivibile, non trovo le parole giuste, sono quei flash che ti rimangono nella mente, utili poi per fantasticare su come possa essere fatto il paradiso.

Trovata dimora notturna, vado alla ricerca di una pizzeria dove guardare in tv i miei cavalieri sul campo di calcio, venti minuti a piedi e nessun locale con SKY :-( , la speranza è scomparsa. Ripiego in un'osteria tipica del posto con spade, asce, scudi ed elmetti sulle pareti, rimango in tema gita e scopro di non pentirmene per nulla.
        Menù: antipasto della casa di salumi e formaggi valdostani, primo con risotto lumache e funghi, come secondo carpaccio in salsa balsamica, mezzo litro di vino (Nus rosso) e finale con frittelle di mele inzuppate al miele (energia pura!). Durante le portate scambio qualche parola con il ristoratore, parliamo di cibo, dialetti tipici (tra l'altro molto particolare, mescolato al francese) e alcool, l'ultimo tema molto allettante e pericoloso, mi vengono offerti a fine cena due bicchieri di grappa all'assenzio prodotta in casa, quindi concludo la serata allegro e vado a letto accompagnato a braccetto da Dioniso!
Post di Davide Riva.

martedì 16 ottobre 2012

UK …in poche righe

Le note dei Keane, i colori di Atkinson Grimshaw, cieli di piombo che non danno tristezza, ma ti si piantano nel cuore e non se ne vanno più. Queste sono l’Inghilterra e la Scozia. Queste sono le terre che con il nostro viaggio di nozze non sono state più un sogno. 1200 km di meraviglie, da Londra a Inverness. Naturalmente in auto, con la tensione di guidare per luoghi sconosciuti e, soprattutto, dall’altra parte della strada… Ma che importa? Ciò che vedi ti fa dimenticare tutto! Volano, i primi tre giorni nella capitale del Regno Unito. Cielo blu e trenta gradi. Più che seguire mappe e cartine, quello che vogliamo è perderci per le vie, le piazze, godendo l’atmosfera di una città straniera. Otto milioni di abitanti si sentono, ma altrettanto la bellezza di edifici e vecchi pub, negozi improbabili e unici. Imperdibile il British Museum. Gratuito! Ma imperdibile ogni cosa, via: dalle case operaie in mattoni rossi ai palazzi della borghesia del XIX secolo. Echi di Storia emergono ovunque e regnano sovrani. Per fortuna. Si parte alla volta del sud-ovest; destinazione Salisbury. Le cittadine della Gran Bretagna sono così dignitose e curate da far impallidire il nostro pur Bel Paese; potresti chiudere gli occhi e fotografare dove ti capita, il risultato sarebbe comunque garantito. E questo è quello che cerchiamo e apprezziamo dei luoghi britannici: non il tal luogo segnalato dalla guida e mantenuto bene per i turisti, ma la cura pressoché uniforme che avvolge ogni pietra, ogni lampione o insegna, dalla nota località al villaggio sperduto. L’itinerario prosegue per Stonehenge, quindi Earlstock, minuscolo abitato rurale da “An American Werewolf in London”, con tanto di pub dalle travi annerite e casette a graticcio. Ah, dimenticavo le colazioni: naturalmente a base di bacon, uova, burro e marmellate fatti in casa, ma anche funghi, salcicce e altro ancora… per scelta soggiorniamo in Guest Houses, posti molto simili ai Gîtes de France. Il viaggio continua in direzione Bath, località termale nota sin dall’antichità; nello splendido centro si ergono rovine e colonnati del fu impero romano. La tinta ocra della pietra con cui sono costruiti gli edifici ci accompagna per tutto il tempo, così come bovindi e finestre a riquadri bianchi. Ci spostiamo questa volta più a est, tornando verso il centro del Paese, nel cuore agreste di quelli che sono i luoghi che più abbiamo amato: i Cotswolds. Un autentico mondo a parte. I Cotswolds sono una serie di villaggi situati in una regione collinare verdissima, dove nel XIV secolo si commerciava la lana. Se si vuole avere un’idea dell’Inghilterra nella sua antica anima rurale, non vi è luogo migliore. Bibury, Burford, Castle-Combe, Snowshill – solo per citarne alcuni – lasciano senza parole. Stavo per cominciare a descriverli, ma – come si dice – un’immagine vale più di mille parole…
E ora, destinazione Scozia! Un bel viaggetto, non c’è che dire… da Nottingham a Carlisle sono più di settecento km. Verso il distretto dei laghi cominciano a campeggiare in autostrada grosse indicazioni con scritto “The North”. Si attraversano ancora brughiere e colline solcate dagli antichi enclosures, delimitazioni medievali in pietra a secco a perdita d’occhio. E alla fine il nord lo è per davvero. La strada si trova a tagliare le immense, infinite distese delle Highlands. Colline brumose, interminabili, di un verde mai visto prima e – no, non è un’esagerazione – che ti toglie il fiato. Si spegne il motore dell’auto, si scende in un silenzio rotto solo dal suono dal suono di una cornamusa che si perde nell’aria fredda.
Mallaigh con il suo oceano cupo nel tardo pomeriggio, Inverness con il mercato vittoriano coperto, le quiete strade di Perth, le scogliere senza tempo e le rovine di silenziosi manieri. Assolutamente da vedere il Tantallon Castle, a picco sull’oceano, con stormi di gabbiani che attraversano il cielo. Incantevole! E non si può non provare il piatto tipico scozzese, l’Haggis, interiora cotte nello stomaco di pecora (disgustoso a dirsi, squisito a mangiarsi). Infine, Edimburgh. Dovessero domandarci cosa abbiamo preferito fra Londra ed Edimburgo, il posto d’onore spetterebbe senza dubbio a quest’ultima. Spettacolare sotto tutti i punti di vista, dall’arteria centrale, la Royal Mile, fino alle traverse più solitarie e deliziose. Da non perdere una discesa nella Edimburgo sotterranea, visitando il Mary King’s Close, testimonianza dell’antica città popolare. Per questa ultima meta ci siamo concessi il George Hotel; magnifico. I giorni sono passati troppo infretta, ma rimasti nel cuore. Ritornare è dura! Dopo i Cotswolds e le Highlands, niente sembra più come prima. E allora ti dici: che ci faccio a Desio? Testo e fotografie di Michele Ranzani