giovedì 8 novembre 2012

Vallée d'Aoste: cavalerie de Challant Vol.1

Le montagne variopinte di colori autunnali che scendono a picco lungo i cigli dell’autostrada, i primi forti di pietra sulle alture, l’aria che diventa più fresca e raffinata, un paesaggio dove la natura afferma ancora il suo dominio territoriale: questo è il semplice e intenso dipinto che mi introduce in Valle d’Aosta.
      La mia visita, di due giorni, ha il semplice scopo di percorrere la linea storica medioevale del paese, ma il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il Monte Bianco, il Monte Rosa, insomma, tutta la magnificenza della catena delle Alpi Graie, appare prepotentemente davanti i miei occhi, segnalandomi un altro splendido senso di esplorazione della zona.


Appena varcati i confini regionali appare il Forte di Bard, la mia prima “epica conquista”: un suggestivo complesso fortificato sulla rocca che sovrasta la cittadina, attraversata a sua volta dall’impetuoso e freddo fiume Dora Baltea.
La Fortezza prende il nome dall'omonimo comune, i primi costruttori furono i Signori di Bard
(XI secolo, nel pieno Medioevo), eredi di una antichissima famiglia comitale della Lorena: la struttura era importante dal punto di vista strategico perchè garantiva il controllo dell'intera valle, all'epoca unica via di passaggio.
Successivamente (durante il XIII secolo), passerà in mano alla Contea di Savoia, trasformata nel XV secolo in Ducato, area presidiata dalla famiglia feudataria del Regno di Borgogna.
          Fino al XIX secolo fu in possesso della nobile dinastia e quindi protagonista di molte vicende e conflitti nelle diverse epoche, per poi essere acquisito nel 1990 dal patrimonio regionale. L'omonima casata instaurò, nell'odierno territorio, la Contea di Aosta, la quale fu controllata dai fedeli visconti Challant, costruttori dei maggiori castelli presenti nel dipartimento e protagonisti del mio itinerario.

Dopo la prima tappa, avanzo verso il castello di Verres; cinta fortificata con ponte levatoio mi accolgono all'entrata della costruzione e, varcato il portone di ingresso, ideato con chiodi resistenti ad attacchi con arieti, arrivo in un androne difeso da una caditoia installata a soffitto.
        Entro nell'atrio principale; in mezzo è posto un pozzo per raccogliere la pioggia, la pavimentazione si inclina di livello fino al centro dell'area per raccogliere tutta l'acqua all'interno della cisterna.
         Intorno alle mura appare una lunga scalinata che percorre tutta l'altezza dell'edificio, il senso di salita è di tipo orario e gli scalini di grande spessore. Secondo le parole della guida, si tatta di un ingegnoso metodo per rendere faticosa l'ascesa del nemico: il verso di percorrenza impone allo scudo (sempre impugnato con la mano sinistra) di chiudersi verso il muro, i passi molto lunghi da compiere erano difficoltosi dato il peso imposto dall'armatura.
         Il primo piano apparteneva ai cavalieri, nel secondo alloggiava Ibleto di Challant con consorte, mentre nell'ultimo i sudditi al servizio dei regnanti.
Le porte delle stanze presentano tutte uno scalino in discesa molto grande, sempre per incentivare la caduta del possibile invasore, i battenti chiodati e di grande profondità impedivano immediati abbattimenti.
        Il sistema di riscaldamento nella maggior parte dei castelli, è il medesimo: i locali dei signori presentano camini propri, mentre la cucina, costruita sempre in mezzo al pian terreno, riscalda attraverso un grande forno un vano che percorre in altezza tutto il castello, fornendo su tutti i piani una mite temperatura. Uscito da Verres, entro nella cittadina di Issogne, nonché nome del maniero della famiglia Challant.
        A differenza della visita precedente, mi trovo all'interno di una dimora signorile: le costruzioni difensive lasciano il posto ad un curato cortile con sculture e affreschi autentici del 1300, raffiguranti la vita di corte.
        Curiosi alcuni graffiti scolpiti sulle mura, dediche lasciate dagli ospiti del tempo, alcuni elogi per i padroni di casa, altre di corteggiamento verso le donne della contea (grandi marpioni). Qui l'atmosfera è più casalinga,i proprietari alloggiavano in stanze più comode e signorili, all'interno di ognuna c'é un piccolo ambiente dedicato al culto di santi.
        Importante la camera della Giustizia, dove si amministrava la vita della contea: sulle pareti sono raffigurati vari paesaggi nel mondo, animati da scene di vita contadina e cortese che evidenziano la vena cosmopolita della famiglia Challant.

La visita volge verso la conclusione e letti, cucine, affreschi di salumi e carni appese ad essiccare, mi fanno riflettere sul fatto che devo trovare un alloggio e cibarmi, il sole sta per calare.
        Percorro la strada che mi porta verso il capoluogo e il tramonto che appare lungo il tragitto è indescrivibile, non trovo le parole giuste, sono quei flash che ti rimangono nella mente, utili poi per fantasticare su come possa essere fatto il paradiso.

Trovata dimora notturna, vado alla ricerca di una pizzeria dove guardare in tv i miei cavalieri sul campo di calcio, venti minuti a piedi e nessun locale con SKY :-( , la speranza è scomparsa. Ripiego in un'osteria tipica del posto con spade, asce, scudi ed elmetti sulle pareti, rimango in tema gita e scopro di non pentirmene per nulla.
        Menù: antipasto della casa di salumi e formaggi valdostani, primo con risotto lumache e funghi, come secondo carpaccio in salsa balsamica, mezzo litro di vino (Nus rosso) e finale con frittelle di mele inzuppate al miele (energia pura!). Durante le portate scambio qualche parola con il ristoratore, parliamo di cibo, dialetti tipici (tra l'altro molto particolare, mescolato al francese) e alcool, l'ultimo tema molto allettante e pericoloso, mi vengono offerti a fine cena due bicchieri di grappa all'assenzio prodotta in casa, quindi concludo la serata allegro e vado a letto accompagnato a braccetto da Dioniso!
Post di Davide Riva.

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