giovedì 7 gennaio 2010

Qui, nella bottega del Cavalier d'Arpino, dipingo della frutta. Non faccio altro: il lavoro di bottega richiede una suddivisione del lavoro tra i pittori.
Non era proprio quello che mi aspettavo, arrivato da Milano: mi avevano parlato di Roma come del nuovo Parnaso, dove persone nobili di sangue e di spirito desiderano cose d'arte per i loro palazzi, per le chiese, per le strade...io, invece, qui faccio quello che avrei potuto fare in una qualsiasi bottega in un qualsiasi altro posto d'Italia! Mi farò strada a forza di spintoni e quando sarò così nervoso e insoddisfatto da non riuscire proprio a lavorare, troverò altro di cui occuparmi...la notte, nei dintorni di piazza Navona...lì sì che c'è un pò di vita!
Io dipingo frutta e a quanto pare la mia frutta piace.
Dipingo e penso intanto al tempo che passa, che si infiltra anche nelle piccole cose: in un acino d'uva, in una foglia di vite.
E La luce: che potere ha? Il tempo rivela la caducità delle cose e la luce ne cattura lo stato effimero, ne tira fuori l'anima.
Anche la luce può essere acerba, matura o decadente...come la frutta. La luce racconta, quanto le cose. La luce e ancor più le tenebre, accarezzano, schiacciano, liberano, nascondono e rivelano l'uomo.
Penso a questo mentre dipingo i miei frutti maturi. Questi emergono, dal buio e si manifestano in tutta la loro essenza di verità. Guardando il riflesso in un gioco di specchi, vedo l'oggetto della mia contemplazione immerso in una luce reale o fittizia che ne accentua o nasconde le caratteristiche. cerco di dare l'immortalità a ciò che vedo.
Prima o poi avrò altre commissioni, potrò dipingere anche storie di uomini per le chiese o per qualche importante palazzo romano...
E farò così, anche quando si tratterà di dipingere gli uomini! I narratori nelle mie tele saranno due: la luce e l'oscurità. Loro narreranno degli uomini, dei loro amori, delle loro passioni e dei loro vizi.
Così gli uomini saranno umili, se così sono di condizione, violenti, se questo è il loro temperamento, spaventati, se di fronte al volere di dio o degli uomini a volte, ahimé, non si può provare altro.
E la luce, prorompente, mostrerà quello che dell'uomo ci è concesso vedere...il resto lo si lascia al baratro profondo della non-coscienza umana, cupa e violenta, come l'oscurità.


Caravaggio, Martirio di San Matteo, 1600-02, Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi, cappella Contarelli.

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